In questa pagina, per l’appunto, le mie prefazioni a sillogi poetiche e libri di narrativa. Inizierò da quanto ho scritto a proposito dell’ultima fatica poetica del poeta romano Claudio Monachesi (POESIA PER LA RADIOLOGIA, presentato il 25.10.2012 presso il Policlinico Umberto I di Roma):
Ho conosciuto il poeta Claudio Monachesi un pomeriggio del marzo del 2010 a Roma, in occasione della celebrazione della nascita di Pier Paolo Pasolini, in via Giovanni Tagliere (nei pressi del penitenziario di Rebibbia), dove il grande scrittore e regista abitò nei primi suoi difficili anni romani, alla vigilia del successo del romanzo Ragazzi di vita (1955). Ebbene, dirigendoci più tardi Claudio ed io verso il capolinea della metropolitana, ecco il mio sguardo posarsi su un cassonetto; per osservare che un poeta autentico e aperto anche da un oggetto siffatto dovrebbe esser capace di ricavare dei versi efficaci: volendo naturalmente alludere a quel processo di astrazione lirica stilisticamente banale ma purtroppo sempre in auge, in cui incorrono troppe “anime belle” della poesia (con tanto di saturazione melodico-sentimentale del verso). Si può quindi immaginare tutto il mio piacere per avermi Monachesi recentemente offerto in lettura la sua insolita raccolta Poesia per la radiologia (2003-2012), risultando evidente già dal titolo il suo grande coraggio nell’affrontare tale tematica; in virtù di uno spirito agonistico di vera e propria sfida a un lessico impoetico, quello della radiologia, che reclama applicazione tenace, al fine della sua armonizzazione con le ragioni dell’arte. Avendo letto con grande attenzione la silloge di Claudio Monachesi, eccomi a dover parlare, innanzitutto, di Arteriografia, a parer mio una delle poesie meglio testimonianti il lavoro strenuo del poeta nel senso appena precisato. In detta poesia, infatti, Monachesi ci mostra la dura conquista di una “dicibilità poetica”; verso su verso, fino al bagliore di una bellissima assonanza in funzione di quasi-rima: “penetrare/renale”, nella parte centrale del testo; assonanza grazie alla quale il poeta ci fa “sentire”, dal punto di vista fonosimbolico, la penetrazione del “catetere-cobra” nella “diramazione renale” del paziente: ottenendo a conti fatti un ribaltamento semantico della inquietante figura del serpente; nella fattispecie dispensatore del bene, senza ambivalenze di sorta, volendosi riferire al nostro potente e sedimentato immaginario occidentale-cristiano. I versi conclusivi di Arteriografia, poi, risultano quanto mai efficaci nella loro gioia eclamativa, pensando alla toccante immedesimazione del poeta con il raggiunto benessere corporeo del paziente (il “vitale ossigeno” in grado di donare “vita/ e salute agli organi tutti!”). Certo, i “puristi” della lingua poetica potrebbero osservare la mancata applicazione, nei versi di Poesia per la radiologia, della tecnica dell’attenuazione classica nei confronti di un lessico “clinico” sovente troppo specifico, quasi astruso per i non addetti ai lavori, e magari solo lettori di poesia; ma, tale riserva, per quanto mi riguarda, finisce per essere risibile, considerando la tempra artistica di Claudio Monachesi, poeta gentile e battagliero, dall’ingegno polivalente (come i suoi tanti libri dimostrano); di tutto essendo curioso, Claudio, e amante del proprio lavoro, in base alla prova evidente delle poesie incluse nella raccolta in oggetto. E in verità di molte di esse occorrerebbe qui parlare, per l’emozione suscitata in me da giunture come “ovazione/ di pixel”, nella poesia Radiologia tradizionale; “intensissimi ioni”, in IMRT (Radioterapia modulata): giunture felici, che la dicono lunga su quella risorsa primaria del poeta che è poi la personificazione del mondo inanimato (o presunto tale, per un artista come Claudio Monachesi, degno veramente di questo nome). Ma questa mia introduzione all’opera dell’amico Claudio non può non focalizzarsi sulla poesia secondo me più bella della raccolta: Diagnostica per immagini: mammella. Il lettore legga con attenzione tale poesia: si accorgerà che soprattutto la prima parte di essa, fino alla parola “ghiandola”, risulta egemonizzata, sul piano fonosimbolico, dalla vocale “a” (“cavo ascellare-vasi linfatici-entrato-capezzoli-area–areola-posato-penetrare-adipe-alveoli-ghiandola”); ebbene, a mio avviso, ciò potrebbe suggerire che il poeta si è davvero introdotto, pur parlando con linguaggio scientifico della mammella, in una dimensione ancestrale del piacere, laddove si posa “ogni bocca da poco aperta”…al punto che la suddetta poesia (grazie alla forza d’apertura della vocale a) potremmo definirla “bioenergetica”, abbandonandoci quindi al flusso in fondo onirico dei versi che Claudio Monachesi ha saputo scrivere al riguardo. Così Claudio in effetti si affranca dalla possibile macchinosità di un linguaggio poetico ibridato (ossia modernamente contaminato dall’irruzione di una realtà impoetica a priori). Poesia per la radiologia, risulta pertanto una raccolta poetica da valutare in modo molto positivo nel suo complesso, considerando le ragioni qui addotte sia pure in sintesi estrema. “A che pensi o muto paziente?/ Qual è il messaggio che accende/ le tue tante sinapsi?” (da fMRI– Risonanza magnetica funzionale. Citando in conclusione questi bellissimi suoi versi, ringraziamo il poeta Claudio Monachesi per aver voluto rendere poeticamente “dicibile” un mondo non letterario, almeno in partenza; fatto di umana sofferenza, professionalità e passione.
Andrea Mariotti, agosto 2012
Claudio Monachesi, POESIA PER LA RADIOLOGIA, Pioda Editore, 2012.