E’ con vivo piacere che mi accingo a presentare, oggi, la seguente lirica inedita del poeta Sandro Angelucci, mio ottimo amico e non di rado presente, con le sue poesie e commenti, in questo blog:

L’OPERAIO DEI SOGNI

Era quello:
il canto che veniva dalle quaglie,
il segno.
Poco dopo,
l’annuncio prende forma,
si concretizza sullo schermo.
I fotogrammi
non sono fotogrammi.
E’ aperta la fucina.
Sta lavorando,
getta sudore sul sogno suo più grande
l’operaio:
trasformare la morte nella vita,
eternizzare il verso delle quaglie.
Un’opera ciclopica:
scolpire l’infinito,
strapparselo da dentro
perché non l’uomo, non il poeta
ma le lacrime, la rabbia
la sua rivoluzione
possano rinascere.
E si battezza.
E poi battezza noi, Giovanni:
tutto è compiuto.
E’ sceso dalla croce, e scrive Pasolini.
Una barca di carta,
destinata ad affondare ancora,
colma la stiva di sangue e di parole
prende il largo,
si affida alla corrente.
Mentre scorrono i titoli di coda.

(poesia inedita di Sandro Angelucci)

Leggendo i versi in oggetto, non posso che confermare tutto il bene che penso nei confronti del lavoro poetico di Sandro Angelucci; capace di essere asciutto, essenziale, e metricamente sapiente nell’intrecciare endecasillabi, settenari, senari e così via. Nel caso dell’ OPERAIO DEI SOGNI, mi permetto di segnalare la bellezza del secondo verso, un endecasillabo magistralmente introdotto dal secco incipit del testo: “Era quello:”; e poi il verso che chiude la poesia, un altro endecasillabo finemente allitterato e inarcato (in virtù degli accenti sulla prima e terza posizione del verso). Ma non vorrei che tale abbozzo di analisi metrico-stilistica mi facesse tacere quanto Sandro Angelucci mi ha confessato, a proposito della nascita di questa sua poesia; e cioè la sua viva commozione nel seguire la scena in cui Giovanni (Silvio Parrello), battezza, dopo gli altri, il giovane Pier Paolo Pasolini, nel film del mio amico Pio Ciuffarella intitolato per l’appunto L’OPERAIO DEI SOGNI (presentato a Roma il 27.4.2012 presso la Casa del Cinema e di cui ho parlato il giorno successivo nel presente blog). Ebbene, il film di Ciuffarella, omaggio sentito alla figura di Pier Paolo Pasolini (film in cui chi scrive impersona se stesso, all’indomani di una conferenza da me focalizzata sulla poesia del grande scrittore e regista ); il film di Pio Ciuffarella, stavo dicendo, ne ha fatta di strada nel frattempo! Visibile infatti su You Tube, Facebook, è stato recentemente richiesto dalla televisione australiana, nonché acquisito dal sito ufficiale dedicato a Pier Paolo Pasolini (pasolinipuntonet). E comunque, come non condividere con l’amico Sandro Angelucci l’emozione suscitata dalla scena del citato Battesimo, che rimanda volutamente alla memorabile sequenza pasoliniana del Vangelo secondo Matteo del 1964? Sì, credo che Pio Ciuffarella abbia avuto una vera e propria intuizione visiva nella rivisitazione di uno dei luoghi più segreti e toccanti della memoria pasoliniana: il torrente Castello, intendo, nei pressi della Torre di Chia, nel viterbese, dove un sabato dell’agosto scorso si sono svolte le riprese del Battesimo che hanno ispirato la poesia di Sandro Angelucci. La foto qua sopra, peraltro, è un mio primo piano dell’amico Silvio Parrello (troppo noto ai visitatori del blog per dover aggiungere qualcosa), risalente a quella faticosa ma ispirata giornata della scorsa estate appena rammentata. Sia concesso allo scrivente, cui è ascritta la consulenza letteraria del film di Ciuffarella, di sottolineare come la barchetta di carta che scompare alla nostra vista verso l’epilogo dell’opera, rappresenti un’ulteriore intuizione visiva del regista, a fronte di una poesia pasoliniana di cui gli avevo a suo tempo segnalato l’importanza; poesia che, in effetti, si dilata nel film (non soltanto fonicamente) grazie alla voce e alla presenza di Paolo di Santo, il giovane e promettente interprete di Pasolini. La poesia cui sto accennando è inclusa nell’ultima silloge poetica di Pier Paolo Pasolini, Trasumanar e organizzar (1971), dal titolo Un affetto e la vita; una delle più belle del grande scrittore e regista, per concorde giudizio critico (mi limiterò a citare, qui, Enzo Siciliano e Fernando Bandini). In detta lirica infatti, Pasolini, senza enfasi alcuna, a mezzo del respiro naturale dei versi (non più in urto talvolta artificioso con la sintassi, all’altezza di tanta pur grande e precedente poesia civile metricamente affidata alle terzine); in detta lirica Pasolini, stavo dicendo, parla con grande sapienza emotiva dell’affetto, sentimento più profondo ancora dell’amore, dal suo punto di vista; affetto per cui, forse, si potrebbe anche offrire la propria vita, sapendo di avere una possibilità di disfarsi senza sofferenza di se stessi. Seguire il flusso (la barchetta di carta che scompare alla nostra vista nel film di Pio Ciuffarella); sciogliere come fumo l’inutile dolore, volendo parafrasare la bellissima lirica Felicità, di Umberto Saba… Naturalmente non si può dimenticare la morte tragica di Pasolini: a fronte di indagini riaperte da qualche anno e approdate a quale risultato? a quando, ci si dovrebbe chiedere, l’applicazione dei decreti attuativi per lo scioglimento del Segreto di Stato che potrebbe riservare qualche sorpresa a proposito della cognizione di una morte così atroce e relegata nell’ambito della damnatio memoriae, per non turbare quel degrado antropologico di cui proprio Pasolini è stato il più inascoltato e lucido profeta? In conclusione, il film di Pio Ciuffarella, rivolto soprattutto ai giovani d’oggi che poco sanno di Pasolini, ci rammenta un vulnus non secondario del Belpaese segnato, nel secondo dopoguerra, da stragi feroci e tuttora impunite: tali da impedire, di fatto, una nostra crescita democratica che avrebbe potuto evitarci, forse, quella delega in bianco troppo a lungo concessa a squallidi ma convincenti venditori di sogni a buon mercato.

6 commenti su “

  1. Sandro Angelucci

    Desidero ringraziare pubblicamente Andrea per l’inserimento nel blog di questa mia poesia, che ha voluto e vuole essere non solo il mio personale omaggio al grande poeta ed a chi – con passione ed abnegazione – (la troupe intera, intendo) si è dedicato alla realizzazione del film, ma anche, e non meno, il resoconto in versi della profondissima emozione suscitata in me dalla visione dello stesso. E sono altresì grato ad Andrea per averla colta, questa scintilla ispiratrice, nella scena del Battesimo: è stato quello l’attimo in cui tutti: Pasolini, Andrea, Pio, Parrello, i due ragazzi universitari sono nati di nuovo, insieme alla poesia.
    Per quanto riguarda l’analisi stilistica, mi ha fatto molto piacere riscontrare ciò che condivido pienamente sull’incipit (Andrea conosce perfettamente, e come pochi, il linguaggio poetico).
    Grazie ancora per avergli dato voce e visibilità. Un abbraccio,

    Sandro

  2. Paolo Buzzacconi

    Caro Andrea, vorrei ringraziarti di cuore per questo articolo che oltre ad emozionarci con la bella lirica di Sandro Angelucci ci offre l’opportunità di tornare a parlare de “L’operaio dei sogni” e del grande Pier Paolo Pasolini. Di un uomo che pur non professandosi cattolico decise di girare un film che parlava della vita di Gesù scegliendo fra i vangeli quello di Matteo, il più attento alla figura “umana” del Messia. Il vangelo che meglio descrive la sua dolcezza ma al contempo sottolinea la sua ferma condanna nei confronti dell’ipocrisia dei farisei e lo sdegno verso coloro che usavano la religione come strumento di imbrigliamento politico e sociale. Nel film Pasolini esprime la sua ammirazione per un Cristo che ritiene straordinario nelle sue idee volte alla verità e all’eguaglianza e ci racconta le vicende della sua vita libero da qualsiasi condizionamento “di parte” cogliendo così l’essenza del suo messaggio spirituale. Non a caso “Il vangelo secondo Matteo” è stato benevolmente accolto dalla critica cattolica come opera di grande valore. Peccato che sia stato invece duramente contestato da una sinistra incapace, pur riconoscendo la bravura del regista, di superare i propri baluardi ideologici. La solita vecchia, cattiva abitudine (comune a tutti) di schierarsi “a prescindere” ove la difesa dei dettami del gruppo di appartenenza assume maggior importanza della verità stessa. E qui, caro Andrea, mi riaggancio alle tue riflessioni sul degrado antropologico e sul vulnus, ferita sanguinante nel cuore di un Italia un tempo prezioso scrigno di cultura ed ora in balia di venditori di fumo. Le immagini del battesimo ne “L’operaio dei sogni” e le vibranti parole della meravigliosa lirica “Un affetto e la vita” che lo accompagnano ridestano in noi la volontà e la speranza di di recuperare la nostra dignità di esseri pensanti. Nessuna rivoluzione dunque, solo un ritorno verso quell’affetto di cui ci parla Pasolini, a mio parere unica vera risorsa per migliorare la nostra condizione. Un abbraccio Paolo

  3. andreamariotti Autore articolo

    Parole condivisibili le tue, caro Paolo, a proposito della faziosità aprioristica di tanti apparati politico-culturali e personalità che si oppongono, di fatto, alla circolazione delle idee. Ne parlavamo a voce, ricordi? Il Pasolini che Franco Fortini voleva abbracciare all’epoca della pubblicazione de La religione del mio tempo (1961), venne (guarda caso) “scomunicato” dal grande traduttore di Brecht e inflessibile custode del marxismo, proprio all’uscita del Vangelo secondo Matteo, che procurò a Pasolini la notorietà internazionale, suggellando la ricca polivalenza del suo talento. Tant’è. Lo stesso Pasolini, del resto, nelle prime pagine delle sue postume e formidabili Lettere luterane afferma testualmente: “Meglio essere nemici del popolo che nemici della realtà” (nei riguardi di quei “figli” ai quali si era rivolto precedentemente con la memorabile poesia Il PCI ai giovani!! (sugli scontri di Valle Giulia a Roma fra poliziotti e studenti nel 1968). Infine, in merito alla bellissima lirica Un affetto e la vita cosa aggiungere? Essa, davvero, dovrebbe far riflettere certi riduttivi critici della poesia pasoliniana fin troppo ancorata -dal loro punto di vista- all’intonazione apocalittica. Con Un affetto e la vita, Pasolini ci ha lasciato in effetti un testamento d’umana dolcezza e pietas dalla quale occorre ripartire, come giustamente osservi; oggi più che mai, in tempi di bellicosità al ribasso. Un forte abbraccio.

  4. andreamariotti Autore articolo

    La tua poesia, caro Sandro, è stata letta oggi da alcuni miei amici con grande interesse e spirito di immedesimazione. Segno evidente della sua forza e felicità espressiva. A maggior ragione mi fa dunque piacere averla presentata sul blog. Un abbraccio forte. Andrea

  5. maria rizzi

    Caro Andrea,
    sono intervenuta a lungo sul film “L’operaio dei sogni” esprimendo tutta l’emozione per la rappresentazione dell’uomo ‘scomodo’ Pasolini, del suo poco conosciuto talento di poeta, sul quale ci illuminasti nella tua conferenza, e sulle impressionanti intuizioni dell’amico e regista Pio circa i simbolismi, primo fra tutti la scena da voi mirabilmente citata, inerente al battesimo. In questa occasione desidero focalizzarmi sui versi di Sandro, che mi hanno lasciata impietrita.
    Ho visto il film attraverso i suoi occhi di artista. E verso dopo verso l’autore sembra essersi scisso dal se stesso di sempre per entrare a far parte della ‘fucina’ pasoliniana. Raggiunge vette di lirismo e di ispirazione sconvolgenti nella parte centrale del testo: “Un’opera ciclopica:/ scolpire l’infinito, /strapparselo da dentro …”
    Mi permetto di dire che leggendo Sandro si assiste al ‘battesimo’ di un altro ‘battesimo’. Pasolini, redivivo, ripete il simbolismo del suo innovativo, straordinario film, battezzando ognuno di noi… E ci salva. Attraverso liriche come queste, le opere divengono diamanti incastonati in un tempo che non ha inizio nè fine,…
    Commossa ringrazio Sandro e te, Andrea… per averci reso partecipe di questa magia. E vi abbraccio!

  6. andreamariotti Autore articolo

    Cara Maria, indubbiamente il film dell’amico Pio Ciuffarella lo hai sentito molto, essendo -posso ricordarlo?- la madre di un giovane di talento, Paolo di Santo, veramente bravo nel dare voce e corpo al giovane Pasolini. Per quanto riguarda la poesia di Sandro, cosa aggiungere a quanto già da me scritto? Forse questo, semplicemente: si tratta di una lirica davvero ispirata, al massimo grado; talché giustamente sottolinei nel tuo commento la parte forse più incandescente di essa. Circa la scena del Battesimo nel fim di Pio Ciuffarella, vorrei precisare quanto segue, in termini strettamente pasoliniani, ovvero quelli individuabili nel Vangelo secondo Matteo: “Io sono venuto qui per portare la spada!” (così dice -anzi, grida!- il Cristo del grande scrittore e regista, a voler sottolineare la ricerca anche sofferta della verità…). Mi sembrava doveroso, cara amica, ricordare la carica polemica, inquietante del Vangelo pasoliniano, nulla togliendo, ovviamente, alla bellezza delle immagini delle quali Pio Ciuffarella ci ha fatto salvifico dono. Un abbraccio anche da parte mia.

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