Caro papà, te ne andasti nel 1976, all’inizio di novembre… ricordo bene quell’anno, così doloroso per me e la mia famiglia. E ricordo altrettanto bene, nel maggio dello stesso anno, la tragica notizia del terremoto in Friuli. Fatto sta che il 2 giugno del 1976, non ci fu la parata ai Fori Imperiali (ministro della Difesa era all’epoca Arnaldo Forlani, notabile democristiano; poi divenuto uno dei simboli negativi di Tangentopoli). Come dire, caro papà, tornando a te, che hai chiuso gli occhi sub Iulio, nel 1976; volendo andare per sintesi, storicamente e politicamente parlando (come non ricordare, infatti, l’enorme potere concentrato allora nelle mani di Giulio Andreotti?). Eppure, a mia volta, non dispero di essere –venuto il momento- sepolto sub Iulio (il Divo Giulio, classe 1919, per la cronaca, ha superato alla grande il malore che aveva recentemente imposto il suo ricovero presso il Policlinico Gemelli; facendo ritorno nella sua casa romana il 16 maggio scorso). Aveva dunque ragione il Divo Giulio nell’affermare a suo tempo: “il Potere logora…chi non ce l’ha…”! Insomma confido, caro papà, in una non inverosimile immortalità di Andreotti, e, quindi, nella ragionevole ipotesi di essere –ripeto- anch’io seppellito sub Iulio, non diversamente da te. Sì, da ingenuo spero in tempi migliori degli attuali, caro papà; nel senso che proprio non riesco a condividere, come cittadino italiano, la volontà del Capo dello Stato di far comunque svolgere, per la Festa della Repubblica, la tradizionale parata, sia pure sobriamente. Volendo rivolgermi direttamente a Lei, Signor Presidente: quanto mi avrebbe fatto piacere saperLa, domani, pranzare con i terremotati emiliani non distante dai capannoni della morte! Capisco bene, d’altronde, che occorre riscattarsi da una storia recente marcata, nel nostro Paese, dalla dialettica politica della canottiera e della bandana, con il Tricolore buono per…come ebbe a proclamare un ministro della Repubblica Italiana. Ma questa benedetta parata, Signor Presidente, con gli operai morti in Emilia a seguito del crollo dei capannoni dove, in tutta evidenza, erano tornati troppo presto al lavoro; questa parata, stavo dicendo, è sentita da molti in acuto contrasto con la gravità del momento. Non è questione di “piangersi addosso”, come ha sostenuto Lei, Signor Presidente: semplicemente, bisognerebbe uscire, una buona volta, dal pasoliniano Palazzo facendo visita alle tante persone coinvolte nel dramma emiliano (non aspettando il 7 giugno, mi permetta!). Chiudo rammentando a me stesso la presenza viva di papa Pacelli fra le macerie del quartiere di San Lorenzo, nel luglio del 1943, dopo il bombardamento su Roma da parte degli Alleati; in mezzo ai morti e ai feriti, nonostante le comprensibili resistenze del Vaticano (e non mi sembra che fosse un campione di impulsività, Pio XII…). Consapevole di aver chiesto la luna e delle sue ottime ragioni per la scelta che ha fatto, la saluto con rispetto, Signor Presidente.
P.S. La foto qua sopra, mia, è stata scattata nell’artistico giardino di uno scultore mio amico, tempo addietro.
Caro Andrea, sono assolutamente in accordo con le tue considerazioni riguardo l’inopportunità di festeggiare con una parata la celebrazione del 2 Giugno. Decisamente meno, invece, nel concedere giustificazioni ed esprimere rispetto nei confronti di chi ha preso tale decisione. Il rispetto è per me un sentimento che prescinde dalla carica istituzionale – a cui ovviamente mi inchino – è qualcosa che deve essere conquistato “sul campo”. A tal proposito vorrei ricordare la straordinaria figura di Sandro Pertini, un vivido esempio di schiettezza, umanità e rigore morale. Un capo dello Stato in cui ogni italiano degno di tale nome si riconosceva e da cui si sentiva tutelato, non a caso definito il presidente più amato dagli italiani. Ecco, caro Andrea, mi risulta difficile immaginare che le persone che sono state travolte da questa immane tragedia e che fino a ieri in alcune zone lamentavano uno stato di completo abbandono da parte delle istituzioni possano provare rispetto verso uno Stato che invece di inviare nelle zone colpite ogni risorsa possibile si ferma ad imbellettarsi con inutili e fallaci dimostrazioni di forza. Ed io mi sento al loro fianco. Riguardo poi alla famosa esternazione sul potere di Giulio Andreotti vorrei riportare a seguito l’interpretazione che lo stesso Andreotti ha voluto sottolineare durante un intervista.
” L’estrema sintesi può creare grandi equivoci… <> nell’interpretazione dei più, errata, significa il primato dei detentori di incarichi rispetto a chi non ce l’ha. Io invece mi riferisco al contatto, attivo e passivo, con l’opinione pubblica per interpretare desideri e tendenze…”
Un concetto che esprime dunque tutt’altro significato e che oggi come mai è tornato, purtroppo, di triste attualità.
Caro Andrea, ti mando un forte abbraccio, un sentito grazie per aver dato voce alle nostre coscienze ed un pensiero affettuoso per il tuo papà, con cui tanto dolcemente hai dialogato in questa pagina. A presto Paolo
Sempre “sottile” la tua ironia che scardina. Simbolica la foto. Mirka
Caro Paolo, innanzitutto ti ringrazio per la prontezza di questo tuo commento. Per quell’equilibrio che mi hai pubblicamente riconosciuto nel gestire il presente blog, non credo di aver sfoggiato un rispetto peloso per Giorgio Napolitano; piaccia o non piaccia, l’uomo riveste la più alta carica dello Stato cui non inchinarsi; ma a fronte della quale, ci può anche stare (e forse ci deve stare!) un lessico improntato alla cortesia e al rispetto istituzionale, quando si prende pubblicamente la parola in uno spazio come questo, piccolo patrimonio collettivo da tutelare. Circa Andreotti, ti ringrazio per la tua specifica annotazione (anche se temo che tale consumato politico voleva dire quello che ha detto, salvo poi successivamente chiarire, smentire ecc.; secondo quel consumato balletto che conosciamo bene). Il tuo ricordo di Pertini l’ho trovato (sembra quasi un gioco di parole!) bello e decisamente…pertinente (mi ricordo, al riguardo, la sua angoscia a Vermicino, durante le ore terribili in cui, purtroppo, Alfredino Rampi non venne salvato). Tornando però a Giorgio Napolitano: per l’inopportuno ricevimento sia pure in tono minore al Quirinale di ieri sera, rimando allo sferzante editoriale di Marco Travaglio apparso sul Fatto Quotidiano di ieri; laddove, in sintesi, alla tragedia dei terremotati si contrapponeva l’immancabile presenza della variopinta e potente mondanità romana, all’atto di celebrare la Festa della Repubblica (pur invitata, detta mondanità, secondo quanto si apprende oggi dai giornali, ad effettuare un versamento di denaro in favore dei terremotati emiliani). Sai, caro Paolo, per non volersi nascondere dietro un dito: pur toccato in prima persona dai provvedimenti del governo Monti voluto da Napolitano, ecco che, il 31 dicembre scorso, non ho potuto non apprezzare il lungo e vibrante discorso a braccio del Capo dello Stato; discorso tramite il quale Napolitano si sforzava di farci comprendere il livello farsesco della nostra credibilità internazionale…donde la scelta caduta su Mario Monti che però, di fatto, ha portato avanti una politica impopolare, focalizzata sui redditi da lavoro e non sulla rendita finanziaria da cominciare seriamente a colpire, una volta per tutte; sapendo bene, noi tutti, peraltro, che cosa veramente incombe come una spada di Damocle sul nostro Paese: il salvacondotto di un uomo che rinuncia al Quirinale e Palazzo Chigi; non toccando, in cambio, la sua roba e lasciandolo libero di andare ad abbracciare il suo “amico” Putin, tanto per fare un esempio. Insomma, caro Paolo, mi pare di poter affermare facilmente che stiamo pagando con gli interessi un lungo periodo di politica-cabaret tale da narcotizzarci la coscienza: il risultato lo stiamo vedendo oggi, con un Paese in macerie fisiche e morali in cui chi si è trovato costretto ad uno strappo istituzionale (la nascita voluta e forse necessaria del governo Monti), quest’oggi ci appare non più sintonizzato con i cittadini (che magari lo applaudono ancora per il brivido che sentono lungo la schiena, a fronte d’una crescente consapevolezza dei guai grossi nei quali ci troviamo). Un abbraccio.
Grazie, Mirka; se frugando dentro la memoria ho ritrovato l’immagine di un papa in mezzo alle vittime del bombardamento su Roma del luglio del 1943 (quello stesso papa cui Pier Paolo Pasolini dedicherà un feroce epigramma), vuol dire che stiamo come stiamo, purtroppo. Un abbraccio
Carissimo Andrea, ma figurati se io posso pensare che tu abbia sfoggiato del rispetto peloso nei confronti di Napolitano! Sono certo del tuo coraggio nell’esprimere ciò che pensi e comprendo – e condivido – le ragioni che ti spingono a mantenere una dialettica sobria e rispettosa nei confronti della più alta carica dello Stato. La figura del Presidente della Repubblica merita senz’altro rispetto, ma in un momento di estrema difficoltà come quello che viviamo non riesco a trovare ragioni sufficienti a giustificare la spesa di quasi tre milioni di euro necessari per realizzare la parata e la stima e la fiducia in colui che lo rappresenta per quanto mi riguarda sono ai minimi storici. Nella tua risposta hai descritto perfettamente questi ultimi anni della nostra repubblica in cui chi ci governava mentiva spudoratamente sulla reale situazione spalleggiato dai mass media, situazione che tu hai ben definito “politica-cabaret”. E’ pur vero che però a noi è mancata una coscienza civile, un senso di appartenenza alla stessa nazione che ha permesso loro di fare i propri comodi. Speriamo che i grandi sacrifici che dovremo affrontare oltre a risanare la nostra economia ci restituiscano anche quell’unità tanto sbandierata in questo suo centocinquantesimo anniversario. Un caro saluto Paolo
Mi è piaciuto, Andrea, il riferimento che hai fatto al nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. In lui convergono le nostre radici sane e fiere di un Paese unito e senza un monarca a cui inchinarci o ungerne i piedi.
Mirka
Caro Andrea, diciamo che in questa tragedia del terremoto tutti, cittadini compresi, dovremmo essere più vicini a queste popolazioni. Se ci fosse stato Pertini, come dice il nostro Paolo, si sarebbe sicuramente seduto al tavolo dei terremotati e avrebbe mangiato insieme a loro, dividendo il pane e il dolore, ma Pertini era Pertini, amato soprattutto perchè il popolo lo sentiva vicino a quel modo. Io penso che l’attuale Presidente sia sempre stato un uomo avveduto, in aperto contrasto ( per fortuna!) con quella politica che indossa canottiera e bandana e che se ne frega dell’importanza del Tricolore, badando soprattutto ai propri affari, per dirla molto semplicemente. Non credo sia un evento cui dare troppa importanza, quello di aver voluto celebrare questo 2 giugno con la tradizionale parata, altrimenti bisognerebbe far caso anche alla manifestazione tenuta dalla Chiesa a Milano a favore della famiglia e dire che quei soldi potevano benissimo esser spesi per i terremotati. Non trovi? Invece il Papa ha voluto incontrare le famiglie e parlare dei loro problemi e ha fatto bene perchè quelli di cui si è parlato sono, alla fine, i problemi di tutti, crisi economica in primis. Insomma secondo me, caro Andrea, le istituzioni devono fare il loro dovere e lo devono fare anche in quel senso. Speriamo altresì che lo facciano aiutando concretamente chi in questo momento ha più bisogno, come i terremotati appunto e nel dir questo chiamerei in causa anche l ‘Europa Unita…Oppure siamo europei soltanto quando dobbiamo rispettare determinati parametri?
Un saluto da Rob.
Caro Rob, accolgo con particolare piacere questo tuo misurato commento, che induce a riflettere. Concordo con te circa la pasta ben diversa di un Napolitano rispetto agli insigni politici di cui ho ricordato i vezzi…ripeto, mi sarebbe piaciuto vedere il Capo dello Stato in Emilia, ieri Festa della Repubblica. Con amarezza e allarme, rispondendoti in questo momento, apprendo la notizia di una nuova forte scossa nel già martoriato Modenese…un abbraccio, caro amico.
Andrea caro,
oggi sono qui, con il pensiero teso ad arco verso un dolorosissimo 6 giugno del 2007. Sono passati cinque anni dalla mattina in cui mi ritrovai a chiedere al Signore
di interrompere l’agonia alla quale stavamo assistendo.
Leggo del tuo amato genitore e dei corsi e ricorsi storici, amico mio, e credo che ogni considerazione ci spinga verso i singoli uomini. Pagani, atei, cristiani, comunisti, democristiani o partigiani che siano… La politica è un campo minato. Rischia di confonderci le idee. Sempre sono esistiti e sempre esisteranno persone che spinte dalla ‘pietas’ partecipano agli eventi degli uomini, loro fratelli, e persone incapaci di evitare il ‘cosmopolitismo dell’Io’.
Il quotidiano ci dà continue dimostrazioni di quanto queste differenze incidano nei rapporti e creino ponti o barriere.
I nostri padri hanno assistito a due diversi periodi di passaggio di questa società
‘liquida’… noi siamo testimoni di altre fasi… e l’unico riparo che abbiamo è quello di sentirci sempre coinvolti e mai salvi.
Continua ad aiutarci in quest’impresa meno difficile di quanto sembri. Un forte abbraccio.
Cara Maria, grazie per questa tua sofferta e e comunque lucida partecipazione al mio scritto. Ricordi, nei tempi della nostra giovinezza, quel “tutto è politica!”?… fastidiosamente totalizzante, è vero, tale grido, ma comunque plausibile, riscontrabile nelle pieghe del quotidiano (pensa alla monadizzazione, oggi, dei nostri piccoli ego quale conseguenza di una società sempre più lacerata e scissa. I nostri padri, perlomeno, han chiuso gli occhi da ricostruttori, non trovi? un forte abbraccio.