“Con la corteccia hai costruito/ la tua potente pelle…”: ecco, tale incipit del poeta romano Claudio Monachesi non poteva non suggerirmi il ricorso a questa mia foto, che ci permette di ammirare la famosa quercia cara, secondo la tradizione, al grande Pierluigi da Palestrina. I suddetti versi li ho estrapolati dall’ultima silloge di Claudio, ARDH TARS RICICLARIUM, Pioda Editore, da me presentata martedi scorso 15 maggio in Roma, presso l’Aula del Dipartimento di Scienze Radiologiche del Policlinico Umberto I. Mi è sembrato giusto, in merito ad essi, parlando al pubblico presente in sala, accennare a una bella, spontanea allitterazione; figura retorica basilare, come ben sappiamo, del moderno discorso poetico (al posto, magari, della “facile” rima). Con la ripetizione ravvicinata dei medesimi suoni, duri nella fattispecie, Claudio Monachesi ha infatti iniziato a produrre senso sul piano fonematico di questo suo “attacco” poetico; dimostrando, una volta di più, come una misteriosa armonia prestabilita guidi il poeta: nel contesto in oggetto, usando, il poeta, suoni duri per esprimere il lavoro non facile dell’albero nel dotarsi della sua “potente pelle” (altra bella allitterazione, peraltro). Più in generale -l’ho detto martedì scorso e qui lo ribadisco- suggestivo e lodevole mi è parso l’impegno poetico di Monachesi all’altezza di questa sua ultima raccolta; giacché non è semplice immedesimarsi con i ritmi della natura, il suo respiro (senza scadere nel descrittivismo ingenuo o, peggio, in estetismi di pessima lega). Ciò rilevato, non mi è stato difficile individuare, martedì scorso, nella seguente poesia (“Grovigli di rovi/ in ardente tormento/ d’estasi assalgono/ ogni parte dell’essere”) un piccolo, concentrato capolavoro: pensiamo infatti alla parola rovi, già racchiusa nel grembo della parola che la precede, grovigli, in virtù di una annominazione rovesciata grazie alla quale il linguaggio poetico dà alla luce ulteriore realtà…sì da indurmi a sottolineare la qualità tutta interiore, intima, di molte delle poesie incluse nella raccolta di Monachesi: da leggere, dette poesie, a parer mio, con gli occhi della mente , nel silenzio interiore; piuttosto che renderle oggetto di una declamazione. Ora, se tutto questo è frutto di una mia sincera convinzione, dopo essermi confrontato per l’appunto nel silenzio con il libro di Claudio, mi chiedo e chiedo a lui: perché appesantire tante altre poesie della raccolta con note a piè di pagina (le citazioni dei Salmi, per esempio); per tacere dei versi dei grandi poeti della nostra tradizione come Dante, Leopardi, Quasimodo immessi nel corpo vivo del discorso poetico- quello di Monachesi- senza distanza alcuna; anzi, qualificandoli, tali versi, come omaggi a questi stessi grandi? No, caro Claudio, in onestà intellettuale questo non mi è piaciuto. Perché, ti chiedo, pretendere troppo dalla poesia, laddove essa dovrebbe rimanere -e non sarebbe poco!- in senso non sentimentale, la voce del cuore affrancata dal citazionismo? Il discorso sarebbe lungo e complesso; ma qui, sul filo della stima che ti porto, Claudio -essendo tu poeta autentico, nell’istinto- qui, dicevo, rilancio la mia domanda: perché non rinunciare a quel “di troppo” che nuoce, forse, al respiro più profondo della tua poesia, capace di toccare il cuore di molti, come ho ben percepito martedì scorso?
P.S. Claudio Monachesi, poeticamente attivo dagli anni Settanta, è autore poliedrico e ottimamente recensito da critici e studiosi di rilievo; organizzatore di eventi culturali e seguito con affetto e stima da moltissimi lettori, fra i quali ci sono anch’io.
Caro Andrea, vorrei ringraziarti per questo articolo in cui ci parli della nuova silloge di Claudio Monachesi, un autore molto interessante sia dal punto di vista stilistico sia per la facilità e l’efficacia con cui riesce a far decollare le sue emozioni. Hai fatto bene ad evidenziare la sua naturale capacità nell’uso delle allitterazioni, che utilizza sapientemente per dare corpo e vita ai suoi versi. A mio giudizio si tratta di un autore dalla spiccata personalità, che non ha alcun bisogno né di nobili richiami né di note esplicative in quanto già perfettamente in grado di esprimere i propri pensieri. A tal proposito devo dirti che considero un vero e proprio atto d’affetto la franchezza e l’onestà con cui ti rivolgi a lui nel chiedergli lumi sul perchè di tale scelte, scelte che rischiano di vanificare la leggerezza del suo tratto e sminuire il valore – peraltro molto alto – delle sue opere. Equilibrio e misura sono parti integranti di una lirica e sovente per un autore rappresentano dei parametri difficili da valutare, dunque le tue considerazioni – che non mortificano assolutamente il valore poetico dell’opera – sono da intendersi esclusivamente come critica costruttiva tesa a una ulteriore valorizzazione della stessa. Un parere sereno, sincero e leale, di quelli che spesso sono mancati nel nostro recente panorama culturale, divenuto fin troppo cerimonioso e complimentoso. Un caro saluto Paolo
Grazie, Paolo carissimo, per questo tuo illuminato commento. Hai detto veramente tutto come meglio non si sarebbe potuto esprimere. Un forte abbraccio