Da tempo avevo in programma di visitare il MONUMENTO NATURALE nel cuore della VALLE DELLE CANNUCCETE, nei pressi di Palestrina (Roma): alludo alla quercia plurisecolare che, secondo la storia locale, sarebbe stata cara al grande Giovanni Pierluigi da Palestrina, “Principe della Musica” e di diritto fra i sommi artisti del nostro Cinquecento. Ed eccomi finalmente al cospetto, in questo inizio di primavera, della grandiosa roverella (cui un recente censimento attribuisce all’incirca cinquecento anni di vita). Ebbene, osservando quasi con devozione tale meraviglia della natura, ho avvertito la profondità di un silenzio a dir poco vibrante; poi, un misterioso stato di leggerezza da parte mia che mi ha indotto ad abbracciare il tronco dell’albero sentito come il più caro degli amici. La mia fotografia, con la potente ramificazione della quercia a nascondere il sole, pare suggerire un “notturno” che forse può servire da introduzione al sonetto scritto in onore della sublime roverella (QUERCUS PUBESCENS, il suo scientifico nome):
ALLA QUERCIA DI P. DA PALESTRINA
Al mio amoroso sguardo ti palesi
infine, augusta roverella ritta
da cinquecento anni, dicono: scritta
dai rami tuoi, la trama degli illesi
ritmi del tempo appare. Ed è un’ascesi
che mi carezza l’anima sconfitta
guarendola all’istante d’ogni fitta,
per poi lasciarmi con i sensi accesi;
sicché t’abbraccio socchiudendo gli occhi…
o roverella invisa alle bufere,
insegnami a resistere alla pena
di vivere insabbiato! miserere
di me. Che la scintilla presto scòcchi.
Perché tenersi in piedi a malapena?
Andrea Mariotti, poesia inedita di marzo 2012
Mio caro amico,
inevitabile ammirando il notturno dell’albero correre con il ricordo al tuo abbraccio al tronco… Il rapporto che stai instaurando con la natura ha qualcosa di magico, che sembra trascendere la comprensione di noi mortali e che credo abbia segnato il suo punto più alto nella serata in cui hai donato la lettura interiore de “La ginestra”.
Sei tornato al sonetto e, poichè nulla nelle tue scelte è casuale, hai vissuto il momento ispirativo con tale intensità da lasciarti sedurre dai versi classici.
E la scelta rende altissimo onore alla quercia, al tuo rapporto con la natura madre-benigna e alla fase dell’esistenza che ti trovi ad attraversare.
Non posso negare che la lirica è stata un dardo rovente che mi ha coagulato i pensieri e si è conficcato nel cuore! Ho rivissuto il tempo… Ho pensato alla tua ‘dedica’… e a quanto sia riuscito, in questi versi cristallini, rarefatti, eppure sanguigni, veri a svuotarti in amore…
La roverella è la testimone antica, fiera come la ginestra, della tua vita
pervasa di inquietudine. L’ultima terzina, di purezza stilistica disarmante, mi ha commossa e il verso finale… dopo la staffilata del ‘miserere’… è biglia di speranza nel biliardo del buio. Tu sei in piedi, amico caro e rispondi con dignità indomita agli urti del tempo.
Grazie per un dono così prezioso e un forte abbraccio.
Mia cara amica, che dire? Che mi avrebbe fatto davvero piacere scrivere questi versi in tempo per inviarli al premio letterario “VOCI”; al fine di onorare la memoria di tuo padre, Nicola Rizzi, poeta grande e ispirato. Ma le dediche non artefatte forse non sono intempestive, credo e spero. Un abbraccio.
Carissimo Andrea, il tuo ritorno al sonetto classico in un testo poetico di così forte esplosione vitale, la dice lunga – ritengo – sull’equilibrio da te cercato tra osservanza delle regole e liberazione interiore. Un equilibrio, guarda caso (ma forse non è un caso) rafforzato dal ricordo di Pierluigi da Palestrina, musicista della severa Controriforma capace di strizzare l’occhio alle festose espressioni di un canto in linea con la gioia di vivere rinascimentale. In presenza di questa roverella, il tuo animo avverte una potente rinascita interiore, una guarigione dalle miserie umane, dalla fragilità di esseri che si tengono “in piedi a malapena” e che si costringono ad una sconfitta non dovuta, né preventivata, ma necessaria per far loro comprendere di appartenere, con peculiarità proprie, allo stesso progetto intelligente e vitale, misterioso e prodigioso del Creato intero. Si sente dire, sovente, da parte di intellettuali spocchiosi, che questi discorsi sono arbitrari ed ingenui: discorsi “antiscientifici”, come usano dire. Mi chiedo con quale assurda prosopopea si possa identificare l’intelligenza astratta della scienza con l’intelligenza viva e incorruttibile della natura. Ma tant’è. La roverella che abbracci in segno di fratellanza cosmica non ti dona, caro Andrea, la sua forza vitale, ma ti sospinge verso la tua stessa forza vitale, verso il tuo stesso Essere incorruttibile, pronto ad affiorare con l’affiorare dell’autoanalisi, o, come tu dici, del “miserere di me”. Un forte abbraccio.
Carissimo Franco, accolgo con particolare piacere il tuo commento; in quanto riconosco in esso una riflessione radicale e suggestiva sulla condizione umana, così scossa dalla pena di vivere eppure rivolta, in un primaverile slancio, a quel grande bene che si chiama dignità, nel proprio essere-nel mondo. Un forte abbraccio.
Dal professor Lucio Felici, presidente del comitato scientifico del Centro Nazionale di Studi Leopardiani, nonché per decenni docente di Letteratura Italiana in vari atenei (autore peraltro di importanti studi non solo su Leopardi), ho ricevuto questa e-mail che mi permetto di pubblicare sul blog, profondamente onorato:
Caro Andrea Mariotti,
“insegnami a resistere alla pena”: bell’endecasillabo d’incisività epigrammatica. Mi piace il suo sonetto di classica struttura, nel ritmo e nel lessico. Complimenti. Spero anch’io d’incontrarla a Recanati.
Un saluto cordiale
Lucio Felici
Caro Andrea,
che meraviglia i tuoi versi!
il “vivere insabbiato”, il groviglio dell’esistenza che alle volte soffoca, l’abbraccio liberatorio con la natura, la necessità del contatto con l’eternità…per imparare di nuovo a camminare, con passo spedito, fiduciosi, e non “tenersi in piedi a malapena”…Complimenti sinceri.
A presto e un abbraccio.
Grazie per le tue parole, cara Loredana. Pensa che nel 2008 provai a percorrere il sentiero che da Palestrina permette di raggiungere la stupenda roverella; ma una frana a metà del cammino bloccò i miei passi…come dire, ogni bellezza al momento giusto! Un abbraccio.
Carissimo Andrea,
questa tua composizione mi giunge particolarmente cara perché mi ricorda un simile abbraccio, quello in cui non molto tempo fa cinsi il susino del mio giardino.
Ma non è di questo che adesso occorre parlare. Impeccabile – come sempre – dal punto di vista metrico-stilistico, il tuo sonetto, a mio parere, lascia chiaramente intendere il senso di una guarigione: momentanea, s’intende, eppure tanto immediata quanto “carezzevole” (e scusa se prendo in prestito un aggettivo suggeritomi dalla “ascesi” dei rami della roverella). E’ vero: in certi periodi ci si tiene “in piedi a malapena”; poi, però, all’improvviso, ecco l’apparizione, la “scintilla” che scocca, senza la quale, sicuramente, non ci riprenderemmo. Come potremmo, tuttavia, incendiarci fino in fondo di bellezza se non avessimo, prima, conosciuto il dolore di un altro genere di scossa: opposta e purtroppo necessaria, quella del tormento? Facile a dirsi; molto, ma molto meno, ad accettarsi. Meglio vivere allora quei cinquecento anni, tutti insieme, per l’infinitesima durata della creazione poetica.
Grazie, dunque, amico mio, del dono che, come segno di buon auspicio, conserverò nell’anima. Un forte abbraccio,
Sandro
Grazie di cuore, carissimo Sandro, per questo commento, particolarmente gradito considerando la tua vicinanza umana e poetica alla natura. Mi ricordo a questo proposito dell’estate scorsa, quando tornammo dalle Dolomiti (tu eri stato in vacanza a San Candido, io nella vicina Dobbiaco) entrambi ispirati dalla vertiginosa bellezza di quelle montagne…un forte abbraccio.
Leggendo questa stupenda poesia, non si può fare a meno di commuoversi, giacchè si ripercorre ogni dramma umano, la consapevolezza quasi sgomenta, quando si prende coscienza della propria fragilità fatta naufragio, dell’anelito del poeta nella sua invocazione salvifica attraverso la natura. Irrinunciabile bisogno di salvezza di ogni tempo. E aleggia Pan, signore che tesse l’ordine, il ritmo nascosto dentro ogni cosa.
Un grande abbraccio, Mirka
Grazie anche a te di cuore, cara amica, per quanto hai scritto sul mio sonetto. A te che sei innanzitutto musicista, posso dire che maestri mi sono stati nello scrivere i miei versi i primi due movimenti del Quintetto in fa min.op.34 di Brahms: movimenti di suprema bellezza, al di là delle umane contingenze e miserie; eppure da esse profondamente alimentati. Un grande abbraccio.
Caro Andrea, questa è una lirica scritta con il cuore. Si può leggerla, dunque, solo con il cuore e solo con il medesimo commentarla. Il mio non smette più di applaudire… Grazie per l’abbraccio. Paolo
Grazie a te Paolo, per l’emozione viva che hai espresso leggendo il mio sonetto.
Una delle poesie più belle che ho letto negli ultimi anni, costruita sulla contrapposizione tra la roverella immarcescibile e l’io poetico insabbiato. La rima bufere:miserere crea una tensione fortissima. Il doppio enjambement in due versi successivi (“pena/di vivere” e “miserere/di me”) rende con la forza di una verità retorica l’idea della separazione duplice, sia da se stessi che dal non io, che si può ancora abbracciare ma in cui non ci si può più specchiare,né riconoscere. Il florilegio della vocale “e” nell’ultimo verso,che consiste in una domanda retorica così pura(e linerare, e conseguente) da non avere niente di artificioso, richiama alla mia memoria, per la sua verità immediata il “val la pena esser solo per essere sempre più solo?” pavesiano. Componimento chiuso e perfetto, ma talmente suggestivo da proporsi come disponibile a nuove letture e, come pochi altri, aperto.
Ti giunga innanzitutto il mio benvenuto sul blog, caro Simone. Commenti del genere naturalmente ci gratificano. Ma, nella fattispecie, non si puo’ non apprezzare -credo- l’acutezza della tua analisi stilistica rivolta a questo mio sonetto. Qui la mia persona rimane sullo fondo: stiamo parlando del suddetto sonetto e di un lettore della tua intelligenza e sensibilità. Un cordiale saluto.
Caro Andrea,
ancora una volta, nella scintillante brevità di un sonetto, riesci a condensare sensazioni e suggestioni che altrimenti si diluirebbero nell’ampio spazio di forme liriche più estese.
Ci esibisci, con energica grazia, un riverente omaggio alla Natura e alla sua sacralità, scandita dal continuo rinnovarsi – ad ogni Primavera – delle forme di vita che paiono languire durante i gelidi inverni.
La quercia resiste tenacemente alle insidie delle tempeste, all’inclemenza del tempo e simboleggia il riscatto dalle nostre debolezze, immedesimandosi con quell’energia soprannaturale che “riaccende i sensi”.
L’ amalgama degli esseri umani con le forme incontaminate del Creato assurge a forza liberatrice per noi mortali. E l’ “abbraccio ad occhi socchiusi” con l’ “augusta roverella” suggella il ricongiungersi dell’anima – perduta durante la delirante ricerca della Perfezione – con la purezza di un progetto Celeste.
Questa Natura spesso ci soverchia, quando decidiamo follemente di dominarla o denigrarla..
Qui ci affranca dagli affanni: è un braccio di stampo divino che riesce a donarci vigore ed in essa ritroviamo la “scintilla” della vita, celata sotto la cenere della nostra nullità.
E se la scintilla non scocca… “ Perché tenersi in piedi a malapena? “.
M I S E R E R E N O B I S !
Caro Roberto, ti ringrazio molto per questo tuo commento. Intanto per un rilievo stilistico, gratificante per me, che hai espresso grazie ad un ossimoro sapiente; vale a dire, parlando, tu, della grazia energica del mio sonetto. Io stesso, infatti, mi sono stupito, dopo averlo scritto, per i frequenti, quasi ossessivi raddoppiamenti consonantici che caratterizzano il suo tessuto fonematico. Sicché il sonetto da me scritto non è soltanto dotato -credo- di respiro, ma anche percussivo, e non poco…ed essendomi venuti così, questi versi, senza pensarci sopra, quasi scontata la deduzione di un dolore vivo, intenso, umano in essi racchiuso; insomma, ben al di là di una compiaciuta esibizione del mio sentimento della modernità poetica! Infine ti volevo ringraziare più in generale per la bellezza di quanto hai scritto in merito a noi, gli umani, di fronte a Madre Natura. Un abbraccio.