Mi ha fatto bene, poeticamente parlando, raccontare la settimana scorsa al telefono all’amico Franco Campegiani le difficoltà affrontate nel padroneggiare lo smartphone, da me acquistato di recente. E all’amico Franco, poeta e filosofo, apprezzato animatore del presente blog, dedico gli ultimi versi inediti scritti in un momento di leggerezza serale, contro il peso della vita:
SMARTPHONE
O specchio di mie brame
vischioso peggio del catrame,
io rincretinito androide grazie
al tuo cervello Android?!
chiamarmi pure Andrea…
Andrea Mariotti, poesia inedita del novembre 2011
Caro Andrea, il sarcasmo di questi tuoi versi lascia trasparire in filigrana un interrogativo molto angosciante, forse il più inquietante posto dai tempi attuali: verso quali “paradisiaci inferni” ci sta portando il nostro inguaribile sogno tecnologico? Dacché l’uomo è sulla terra, ha sempre ambito a rendersi la vita più agevole attraverso l’invenzione e l’uso delle macchine, ma oggi la cosiddetta “intelligenza artificiale” pone problemi assai più preoccupanti di quelli tradizionali. Personalmente aborro il moralismo di quanti vorrebbero imporre dei limiti al progresso scientifico-tecnologico, ma dei limiti esistono, come esistono per tutto ciò che vive nel relativo. L’uomo dovrebbe spontaneamente riconoscere e rispettare i propri limiti, senza alcuna imposizione, così come, senza sforzo, riesce a fare ogni altra creatura. E’ una questione di equilibrio, ma all’uomo – lo sappiamo – è concesso di andare contro il proprio equilibrio, nell’illusione sconsiderata di poter oltrepassare ogni limite che la natura impone. Un’illusione demoniaca, se vogliamo, con cui egli deve convivere e che non gli è consentito di demonizzare. Il contatto con il “Demonio” (che noi stessi, in definitiva, siamo) è inevitabile. L’importante è non farsene sopraffare. Né tentare di sopraffarlo: a ciò basta l’azione provvidenziale della natura, che da se stessa è in grado di imporre a tutti gli esseri il rispetto dei propri limiti naturali. Il “Demonio”, caro Andrea, può essere sopraffatto in un modo soltanto: accettandolo disinvoltamente e scherzandoci senza paura. E’ quanto tu fai sapientemente in questi versi animati da così grande ironia/auto-ironia. Grazie per avermeli dedicati.
Versi molto pertinenti …all’uso. Mirka
Non potevo non scrivere questi versi, cara amica, considerando il nome del sistema operativo connesso al mio smartphone: Android, per l’appunto… un piccolo obbligo per un poeta di ispirazione fondamentalmente civile, come nel mio caso.
Mio caro Andrea,
nel leggere i versi di chiaro sarcasmo, rivolti a te stesso e dedicati all’amico anti-tecnologico per eccellenza, a colui che nella sua grandezza di uomo, di filosofo, di poeta e di recensore, si contende con la sottoscritta il primato nella non-volontà di accettare questi mezzi di comunicazione mediatica, ho sorriso e ho pensato alla profondità del rapporto che vi lega.
Solo due amici che hanno superato le barriere dell’autoreferenzialità possono scambiasi opinioni su uno Smartphone, che richiede effettivamente solo i limiti imposti dall’umana intelligenza e sensibilità.
Il progresso non è un nemico. Occorre, come tu stesso dimostri, Andrea, viverlo
nel modo giusto, rendendo gli oggetti strumenti e non rischiando di divenire strumenti degli oggetti. Lo stesso Franco, ancora in quotidiana lotta con il computer, riconosce i sani effetti dell’ adeguamento alle necessità della società che
viviamo. “La virtù è nel mezzo”… tu lo insegni, caro amico e lo dimostri con cinque versi di impatto fortissimo, di sana auto-ironia.
Dedicando a Franco il tuo poetare affilato come lama di rasoio fai i conti con Andrea ,
con un amico lontano anni-luce dallo Smartphone e con i lettori. Li inviti, tacitamente, a non divenire schiavi dei prodotti della tecnologia.
L’uomo… struggente il “chiamarmi pure Andrea”, ha facoltà di restare libero, di assoggettare il nuovo e di lasciarlo esistere come mezzo.
Un messaggio che ritengo utile e didattico per la nuova generazione, incline a cedere al fascino dei rapporti virtuali e a lasciarsi assoggettare dai mezzi tecnologici.
L’uomo resta il prodotto autentico della Creazione. Nulla può sostituirlo o superarne le capacità espressive.
Poderoso come sempre il colloquio con il tuo interlocutore. Sono grata a entrambi.
Rappresentate un’autentica fonte di arricchimento.
Vi ammiro molto entrambi e vi abbraccio!
Grazie, cara amica, per questo tua riflessione in merito ai miei ultimi versi: occasione di autentico diletto, scrivendoli, per la forza, credo, di quella doppia figura retorica intrinseca ad essi; e cioè l’annominazione/allitterazione: Android-androide-Andrea. Quando, insomma, si mette in moto la poesia prendendo innanzitutto in giro lo scrivente, senza voler propinare asettici pistolotti sulla nostra schiavitù tecnologica. Ribellismo no, ma ribellione sì, contro la narcotizzazione della coscienza! Un abbraccio.
Caro Andrea, simpatica questa tua abile incursione poetica nella moderna tecnologia di cui, come si dice: ‘non possiamo fare a meno’ . Ad essere sinceri sembra che nessuno voglia o sappia rinunciarvi e la tua poesia in fondo esprime proprio questo, cioè il rapporto che oggi abbiamo con i suoi ‘fantasmagorici prodotti’ di cui siamo amanti e schiavi accondiscendenti; e l’ultimo verso, quel ‘ chiamami pure Andrea…’ trovo sia altamente esplicativo di tutto ciò. Mi sembra giusto inoltre che tu l’abbia dedicata a Franco, al suo essere filosofo alla ricerca del fulcro della bilancia, punto dove hanno sede gli equilibri in genere; e in fondo, a pensarci bene, per vivere serenamente al cospetto di queste creature scaturite dalla moderna tecnologia, l’uomo, deve ricorrere proprio all’equilibrio, al saper dosare bene le cose…. Un abbraccio, rob
Grazie, caro Roberto, per questo tuo commento, acuto nel cogliere la densità gnomico-malinconica del verso di chiusa, a suggello del mio breve monologo interiore in versi: “…e mi chiamo pure Andrea!”; nome vulnerabile alla seduzione vischiosa del sistema Android. Un abbraccio anche da parte mia.
Caro Andrea,
questi tuoi versi mi giungono in un momento di amara riflessione sull’operare e sul pensiero dell’uomo (“assassine” sarebbero le inondazioni, tanto per restare nell’attualità!).
Non sono mai stato nè mai sarò un fautore della tecnologia: la poesia è voce del futuro, perché tramanda e reca gli echi del nostro più ancestrale passato…
Ma c’è dell’altro, ed è racchiuso in quella che ritengo la parola-chiave del tuo componimento: si, quel “vischioso” esprime il senso pieno della lusinga, dell’allettamento, da un lato, e della spersonalizzazione, dall’altro, con la conseguenza inevitabile che il mezzo non è più tale (l’evoluzione o involuzione del cellulare lo dimostra ampiamente). E tutto, e ciò che è peggio, in nome del dio denaro (quanto sarebbe importante non dimenticarlo mai!).
Si, amico mio, l’ossimorica visione dei “paradisiaci inferni” – di cui parla Franco, degno assegnatario della tua dedica – sembra proprio essere il panorama che si prospetta davanti ai nostri occhi.
A meno che…..quella “provvidenza” (Franco sa di cosa sto parlando) non decida di venirci in aiuto.
Grazie, con un forte abbraccio,
Sandro
Lucido come sempre il tuo commento ai miei versi, caro amico: cosa posso aggiungere da parte mia se non la percezione di una profonda affinità spirituale con la tua persona? Un abbraccio.
Caro Andrea,
come sempre sai essere molto esplicito ed espressivo anche se con pochi versi. L’umanità deve sempre prevalere e noi abbiamo il grande dono del poetare e dello scrivere.
Un saluto. Angiolina
Grazie per questo tuo intervento, cara Angiolina. Pochi ma sentiti versi mi hanno permesso, credo, di esprimere non retoricamente lo sdegno per la nostra umanità narcotizzata da una tecnologia sempre più suadente e insidiosa. Un abbraccio.