A trentasei anni esatti dalla tragica scomparsa di Pier Paolo Pasolini, potrei amaramente intitolare questa mia riflessione noi non ci saremo(ripensando alla celebre canzone dei Nomadi) con riguardo appunto alla verità che tarda ad arrivare sulla morte del grande scrittore e regista. Proprio venerdì scorso, 28 ottobre, ho partecipato in una libreria romana alla presentazione del libro di Pino Pelosi (in collaborazione con Alessandro Olivieri e Federico Bruno) Io so…come hanno ucciso Pasolini, Vertigo Edizioni, da me letto in precedenza. Il caso ha voluto che mi trovassi a un metro circa da Pelosi, sì da poter scrutare a lungo il volto di colui che, all’epoca del delitto, era noto come la rana. E al cospetto di una televisiva rana invecchiata e tuttora impaurita -credo- mi sono trovato venerdì scorso; abile e reticente per difesa personale e della propria famiglia (quale testimone del massacro dello scrittore, come viene raccontato nel suddetto libro). Tant’è. Dopo trentasei anni meglio di niente, si potrebbe dire… per coloro che si sono macchiati personalmente del sangue di Pasolini e per i mandanti c’è tempo, evidentemente. No, caro Belpoliti (mi sto rivolgendo all’autore di un libro recente su Pasolini che non mi è piaciuto; cfr. in merito il mio post del 15 ottobre scorso), non siamo ossessionati dal mistero ancora gravante sulla morte atroce di Pasolini. Vogliamo soltanto ribadire con forza che i tanti, troppi misteri sanguinosi della nostra storia repubblicana sono gravissime lesioni del tessuto sociale; di fatto spalancanti le porte ai pessimi governanti cui noi stessi abbiamo dato credito per la nostra ignoranza. Voler essere informati sui fatti e misfatti della società in cui viviamo non è vocazione al complottismo; trattandosi piuttosto di un elementare diritto a sapere che coincide col senso stesso della democrazia. Catastrofista fosti chiamato, Pier Paolo; dileggiato, in quanto lucidissimo profeta di quel genocidio culturale in cui oggi ci troviamo immersi fino al collo. Occorreva toccarlo con mano, questo fango che adesso cancella le Cinque Terre e soffoca le nostre anime comunque non del tutto morte (non volendo dare completamente ragione al grande libro di Gogol)! La torre di Chia (mia la fotografia) dove scrivesti le tue incompiute Lettere luterane, è più che mai un simbolo del tuo spirito vivo e implacato, caro Pier Paolo.
P.S. Nel link delle Pagine corsare collegato al blog, è possibile leggere un ricordo di Pasolini da parte di Angela Molteni.
Segnalo inoltre un incisivo articolo di Alessandro Fulloni appena letto su roma.corriere.it a proposito dell’odierna presenza di Pelosi presso l’Idroscalo di Ostia, in occasione della commemorazione di Pasolini.