Scrivendo recentemente sulla beatificazione di Karol Wojtyla (avvenuta in piazza San Pietro in Roma il primo maggio scorso), ho avuto occasione di ripromettermi la lettura di un libro che intuivo importante; e così è stato. Alludo al testo di David Yallop, IN NOME DI DIO (LA MORTE DI PAPA LUCIANI), Tullio Pironti Editore, prima ed.italiana 1997.
Non vorrei scoprire l’acqua calda, ovviamente, nel suggerire la lettura di un libro magari tutt’altro che ignoto, ai più; tuttavia, non posso, qui, tacere il vivo interesse in me destato dal suddetto saggio, sui trentatrè giorni di pontificato di Albino Luciani; venuto a mancare forse troppo improvvisamente, nel settembre del 1978 (lo stesso anno della tragica uccisione di Aldo Moro; per dire che anno fu, quello, per il nostro Paese). Per farla breve: dalla lettura del libro di Yallop, emerge la figura di un uomo, Luciani, mite ma determinato e, sostanzialmente, in buona salute; un uomo intenzionato a cambiare le cose; ad orientare la Chiesa verso una maggiore sobrietà e modernità (evito intenzionalmente toni troppo vibranti che non farebbero altro che portare acqua al mulino della “verità” ufficiale; quella, in sostanza, di un curato di campagna non messo bene in salute, teologicamente meno fine di Paolo VI, e fin troppo “sognatore”, per la sua vicinanza allo spirito conciliare e la sensibilità al gigantesco problema del controllo delle nascite). E tuttavia, facendo mie le domande del libro: perché non sottoporre ad autopsia il corpo di Luciani, frettolosamenre inbalsamato entro le quindici ore successive alla morte? perché limitarsi ad un esame esterno della salma, con la diagnosi di infarto fulminante? perché non procedere ad un elementare prelievo sanguigno, non appena rinvenuto il papa morto? Anche un intellettuale cattolico di chiara fama, il critico letterario Carlo Bo, invocò -rammenta Yallop- dalle colonne del CORRIERE DELLA SERA, quella autopsia ostinatamente negata dal Vaticano e che non soltanto il nostro Paese reclamava a gran voce, per un elementare diritto a sapere. Lascio a chi vorrà, il piacere di scoprire, leggendo il libro di Yallop, l’anima di un uomo, Luciani, venuto a mancare troppo presto, per quello che era intenzionato a fare. Ma è stato spiritualmente dolce ed intellettualmente appagante, per me, nei giorni assordanti della beatificazione di Giovanni Paolo II, provare il bisogno di ridestare la mia coscienza addormentata circa la terrena storia di Giovanni Paolo I, il sorridente ma lucido e tenace Albino Luciani.
Hai messo il dito sui “segreti vaticani” che, ahimè, si scopriranno solo in qualche noir, thriller o in qualche film di Sasdy Peter. Archiviati in fretta dalla memoria nel dubbio d’aver sognato ad occhi aperti. A suo tempo, anch’io ho letto quel libro e…mi si è ghiacciato il cuore. Hai fatto benissimo portare alla luce questa preziosa testimonianza che, purtroppo, resterà zanzara. Grazie, Mirka
Sì, cara amica, occorreva parlare di questo libro che davvero affonda il coltello nella piaga della nostra vita democratica di ieri (la misera classe politica odierna si spiega anche e soprattutto così; come del resto così si spiegano le tante, troppe coscienze addormentate forse sul punto di risvegliarsi, attualmente). Un abbraccio.
Caro Andrea, diciamolo apertamente: il tetro sospetto è che Papa Luciani sia stato assassinato. Un assurdo sospetto destinato a restare tale, seppure in qualche misura accreditato dalle non poche atrocità che hanno colpito la storia del Papato. Mi sembra di ricordare (chissà dove l’ho letto, ma potrei sbagliare, visto che non sono un esperto in questo campo) che uno dei segreti di Fatima faceva proprio riferimento all’assassinio di un Papa. Ad ogni modo è meglio, molto meglio, non lasciarsi avvelenare da tali congetture, anche se una visione equilibrata della realtà dovrebbe spingerci a non considerare soltanto i lati positivi (che certamente sono tanti) della gloriosa storia ecclesiale. Tuttavia una cosa è certa: la scomparsa di Papa Luciani ha privato sicuramente il mondo, e non soltanto la Chiesa, di una testimonianza spirituale altissima. Un’occasione sprecata. Ti abbraccio
Caro Franco, dici benissimo a proposito dell’alta spiritualità di papa Luciani, verosimilmente viittima di quella che Yallop nel suo libro definisce “la soluzione italiana”; cioè una soluzione violenta, spesso adottata nel nostro Paese negli anni Settanta per sbarazzarsi di quanti osavano mettersi di traverso, rispetto ai piani dei grandi e neppure tanto occulti manovratori.
Di tale “soluzione” ha parlato anche lo scrittore Carlo Lucarelli, nelle sue fortunate inchieste televisive sui Misteri d’Italia; in merito a Pier Paolo Pasolini, ad esempio: riferendosi soprattutto al memorabile articolo pasoliniano del 14/11/1974 sul Corriere della Sera dal famoso incipit: “Io so i nomi…ma non ho le prove”…; e se l’intellettuale Pasolini fosse stato veramente in grado di esibirle, quelle “prove”? e, tornando ad Albino Luciani -come risulta dalla ferrata ricostruzione di Yallop- se davvero il “papa sorridente” avesse affrontato la sua ultima notte dopo quel colloquio col cardinale Villot, cui aveva manifestato la sua ferma intenzione di rimuovere dal proprio incarico all’indomani stesso “il banchiere di Dio”, al secolo il potente e losco Paul Marcinkus, a capo dello IOR (la banca del Vaticano), in stretti rapporti d’affari con Roberto Calvi e Michele Sindona e supervisione di Licio Gelli, ai vertici della P2?
Sì, caro amico, in una visione laicista, ecco che la perdita di un “Pastore d’anime” come papa Luciani si è tradotta in una sconfitta grave per la nostra società, spalancando le porte a quelle forze regressive e potentissime tutt’altro che disposte a promuovere civiltà, trasparenza, progresso delle coscienze. E da tale palude Stigia, ovviamente, il passo al Grande Perseguitato dalla Giustizia è stato scontato, direi (i grandi eversori non spuntano come funghi da un giorno all’altro, come ben sappiamo). Un abbraccio anche da parte mia.