Ogni promessa a se stessi è debito, oggi onorato. Avevo infatti deciso da tempo di visitare quella che attualmente è la CASA MUSEO ALBERTO MORAVIA, in Roma (Lungotevere della Vittoria,1); casa che è stata l’abitazione romana dello scrittore dal 1963 fino alla morte, avvenuta nel settembre del 1990 (cfr. il mio precedente articolo al riguardo; archivi di settembre 2010 del presente sito). Suggestivo lo studio del romanziere, dove tutte le mattine, metodicamente, l’autore de GLI INDIFFERENTI sedeva alla propria scrivania (opera d’uno scultore suo amico, Sebastian Shadhauser), intento a battere sui tasti della Olivetti 82. Luminoso il soggiorno, impreziosito dalla presenza delle maschere tradizionali, frutto dei numerosi viaggi di Moravia; per tacere dei tanti dipinti osservabili, firmati da Schifano, Turcato, Cagli ed altri; fra i quali spicca il bellissimo RITRATTO DI MORAVIA CON MAGLIONE ROSSO di Renato Guttuso, del 1982. Libri ovunque, superfluo sottolinearlo, nell’abitazione di questo nostro grande scrittore del Novecento. Tant’è che, per gentile concessione della ASSOCIAZIONE FONDO ALBERTO MORAVIA, mi permetto di mostrare in questo articolo una mia foto della copertina della prima edizione de GLI INDIFFERENTI; Alpes, Milano, 1929 (con dedica del romanziere alla madre). Una visita preziosa ho quindi compiuto questa mattina, anche per via delle poche persone presenti (ah, questi ponti estivi, benedetti!). Vorrei ricordare, infine, che lo stabile in Lungotevere della Vittoria n.1, osservato dall’esterno, non suscita una buona impressione, annerito com’è (così si presenta allo sguardo del visitatore sulle tracce della memoria di colui che è stato, indubbiamente, fra i protagonisti del nostro Novecento; non soltanto italiano, e non soltanto sul piano strettamente letterario).
Mio caro Andrea,
hai compiuto una visita che è nei desideri di molti di noi.
Moravia è un autore quasi contemoraneo, un autore che, innalzando fiero il vessillo delle sue opere e, in particolare, proprio de “Gli indifferenti”, di cui hai potuto fotografare la prima copertina, è stato uno dei primi artisti che si è distinto per aver denunciato la società in cui viveva e la classe sociale alla quale egli stesso apparteneva.
Nell’opera magistrale che citi, e che Moravia stesso definì, se ben ricordo, una grottesca tragedia, egli lanciò infatti, un attacco durissimo alla borghesia, denunciandone le ipocrisie e le menzogne.
La sua prosa sagace, realistica, in aperto contrasto con quella dominante nel periodo precedente, contribuì a far sì che egli si avvolgesse di quell’alone di scandalo, che contribuì al grande successo de “Gli indifferenti”.
La tua visita alla sua abitazione, che descrivi con dovizia di particolari, ci aiuta a ripercorrere i passi di un autore di impressionante attualità.
Pur essendo vissuto nel ‘900 lo scrittore era infatti teso a sconsacrare, a non perdonare, a porgere la realtà nella sua essenza.
Oggi abbiamo bisogno di autori simili, ma la letteratura di fronte all’avvento dilagante della tecnologia sembra subire battute d’arresto ed è molto utile volgere lo sguardo al passato e ripercorrere le orme di chi ha saputo dare simili lezioni.
Il tuo articolo serve da monito e induce a non dimenticare! Grazie e un caro abbraccio.
Grazie a te, cara amica, per questa tua riflessione sull’opera di uno dei più grandi narratori del nostro Novecento. I commenti dei visitatori del presente blog rappresentano, per me, un incoraggiamento a proseguire questo mio viaggio fra i tesori letterari del nostro passato, più o meno recente: fertile in ogni caso di vivi insegnamenti. Condividendo infatti quanto sostieni a proposito del lavoro letterario d’oggigiorno, ecco che non posso non pensare a Leopardi: “Amico mio, questo secolo è un secolo di ragazzi, e i pochissimi uomini che rimangono, si debbono andare a nascondere per vergogna, come quello che camminava diritto in paese di zoppi, E questi buoni ragazzi vogliono fare in ogni cosa quello che negli altri tempi hanno fatto gli uomini, e farlo appunto da ragazzi, così a un tratto, senza altre fatiche preparatorie. Anzi vogliono che il grado al quale è pervenuta la civiltà, e che l’indole del tempo presente e futuro, assolvano essi e loro successori in perpetuo da ogni necessità di sudori e fatiche lunghe per divenire atti alle cose”. A pronunciare tali parole è Tristano, evidente portavoce del grande Recanatese, nel Dialogo di Tristano e di un Amico, il testo che chiude le Operette Morali (scritto probabilmente nel 1832). Superfluo, credo, sottolineare la corrosiva, profetica attualità del suddetto passo leopardiano. Un abbraccio anche da parte mia.
Caro Andrea,
non posso non riallacciarmi al tuo pensiero leopardiano (in risposta a Maria) per commentare la tua visita alla Casa Museo Moravia.
La descrizione – appassionata – che ne fai, oltre ad essere suggestiva per una componente umana che rende quasi vivente il grande narratore, suona effettivamente da monito per un “secolo di ragazzi” oggi più che mai propensi a credere di essere assolti da ogni sforzo metodico (per riprendere e sottolineare come tu stesso hai avvertito il fare moraviano) di scrivere e, prima ancora, di leggere. Ad ogni modo, anche se la tecnologia brucia le tappe – e con esse gli scrittori – io confido in quegli autori che sapranno resistere, a questo punto stoicamente, alle glorie effimere.
Con complicità ed il mio più caloroso abbraccio,
Sandro
Caro Sandro, che piacere leggere queste tue parole! non ritengo di poter aggiungere molto rispetto a questo tuo incisivo, “chirurgico” commento: basterà ricordare Orazio lamentarsi parecchio, nella sua Ars poetica, degli “imbratta-papiri” dalle unghie sporche e la barba incolta, a caccia di facili successi… Un forte abbraccio.
Andrea